GENOVA MEDICA/
NOVEMBRE 2017
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Note di diritto sanitario
Diagnosi differenziale.
La difficoltà non esime dagli
accertamenti dovuti
Avv. Alessandro Lanata
C
on la sentenza n. 24073 depositata lo
scorso 13 ottobre la Corte di Cassazione,
Sezione III Civile si è addentrata nella di-
samina di un profilo di assoluto rilievo nella valuta-
zione dell’operato del medico ovvero quello legato
agli accertamenti mirati alla formulazione di una
diagnosi differenziale. Il caso specifico ha riguar-
dato un intervento di asportazione totale di rene,
effettuato a seguito di una diagnosi di neoplasia
fondata sul riscontro di un’estesa neoformazione
evidenziata dalla indagine ecografica e conferma-
ta dal risultato della TAC all’addome. L’intervento
in questione, tuttavia, non era stato fatto precede-
re da un approfondimento diagnostico mediante
l’esecuzione di un esame bioptico estemporaneo.
All’esame istologico successivo all’intervento, l’or-
gano asportato è risultato affetto da una patolo-
gia infettiva (pielonefrite xantogranulomatosa con
ampia area emorragica) che avrebbe richiesto una
nefrectomia soltanto parziale in luogo dell’aspor-
tazione totale dell’organo.
A fronte della decisione della Corte di Appello
la quale, in riforma della sentenza del Tribunale,
ha ravvisato la responsabilità del medico e della
struttura sanitaria, quest’ultima ha interposto ri-
corso nanti la Corte di Cassazione, contestando
la sussistenza del nesso di causalità tra l’omessa
esecuzione dell’esame bioptico e l’evento danno-
so consistito nella perdita del rene.
Il Supremo Collegio, conformandosi alle conside-
razioni espresse dalla Corte di Appello, ha eviden-
ziato che la difficoltà a pervenire ad una diagnosi
differenziale non può essere presunta ma deve
essere in concreto dimostrata e ciò presuppone
che siano svolte tutte le indagini previste dai pro-
tocolli. In buona sostanza, quand’anche l’esame
bioptico estemporaneo non avesse consentito di
pervenire ad una diagnosi certa stante l’estrema
difficoltà a distinguere nella fattispecie specifica
l’infezione dal carcinoma, tale esame avrebbe do-
vuto comunque essere eseguito.
A quel punto, si sarebbe potuto valutare se il dato
biologico fosse o meno correttamente interpreta-
bile dai curanti secondo la diligenza ad essi richie-
sta. Per converso, a detta del Supremo Collegio,
l’omissione di un accertamento necessario proprio
per confermare od escludere la neoplasia ed evi-
denziare eventuali patologie diverse si è risolto in
una condotta eziologicamente rilevante rispetto
alla successiva scelta terapeutica di asportazione
totale anzichè soltanto parziale del rene.
Nella consapevolezza che le argomentazioni por-
tate nella sentenza in esame non sono di agevole
lettura per chi non è un giurista, mi limito a farne
soltanto un breve cenno:
“…L’affermazione del
CTU che la diagnosi di pielofrenite xantogranulo-
martosa presenta aspetti di difficoltà per cui nella
maggior parte dei casi la certezza della diagnosi
viene posta dopo l’intervento chirurgico e l’argo-
mento difensivo della ricorrente secondo cui non
vi è certezza che la biopsia estemporanea avreb-
be condotto ad escludere la indicazione di neo-
plasia non elide, infatti, l’efficienza causale della
condotta omissiva predicabile in base alla astrat-
ta idoneità (fondata sulle migliori acquisizioni
scientifiche allo stato disponibili che reputano
necessaria l’effettuazione dell’esame inserito nel
protocollo) dell’esame bioptico estemporaneo a
disvelare la corretta patologia…”.
Al di là della pronuncia che qui ci occupa, è bene
rammentare che in tema di diagnosi differenzia-
le la Corte di Cassazione Penale ha espresso un
orientamento piuttosto rigoroso e che deve rite-
nersi tuttora applicabile nonostante la novellazio-
ne operata dalla nota Legge Gelli (n. 24/2017).
Sul punto, a titolo esemplificativo cito in massima